A-523 Alpine
L’alpine A523, come le precedenti vetture monta un motore Renault ed è una evoluzione del modello precedente A-522.
Il profilo principale è di corda molto corta, con il primo flap che quasi si sovrappone: anche gli ultimi due elementi sono a bassa incidenza (la monoposto ha effettuato il filming day a Silverstone) e entrambi vanno a zero in prossimità della paratia laterale per favorire l’effetto out-wash dei flussi che devono essere spinti all’esterno della ruota anteriore. L’ala anteriore vista in pianta in pista era particolarmente corta, mentre quella presentazione di Londra era più tradizionale. La paratia laterale è piuttosto lavorata su ogni lato: ci sono degli smanchi frontalmente e superiormente, così come l’endplate non raggiunge la massima larghezza con un bordo d’uscita arcuato. La sospensione anteriore mantiene lo schema push rod della A522, ma è stato sollevato il triangolo inferiore per favorire il passaggio di aria pulita più sotto, in modo da indirizzarla al fondo. Il puntone, quindi, risulta meno inclinato, anche se sembra più orientato verso l’anteriore. La bocca delle pance è rimasta squadrata e mostra un esasperato vassoio tipo Red Bull e di conseguenza c’è uno scavo spinto come quello ottenuto da Ferrari e Aston Martin. Gli aerodinamici diretti da Dirk De Beer si sono concentrati anche nel curare il vistoso incavo nella parte superiore: non è armonioso come lo scavo della Ferrari a cui l’Alpine si ispira, ma la fiancata resta alta e corposa e solo nell’ultimo tratto diventa fortemente discendente. In realtà la massicciata è utile a non far riattaccare il flusso al corpo vettura, preferendolo spingere verso l’esterno della ruota posteriore, perché lo scivolo vero è proprio si osserva dentro la parte scavata dove sono nascoste le prime feritoie per lo smaltimento del calore dei radiatori. Lo specchietto più grande è retto dai suoi due classici supporti, mentre sulla pancia non mancano i quattro generatori di vortice verticali allineati leggermente in diagonale.
Nella zona dell’attacco dell’Halo al telaio è stato fatto un lavoro accurato di micro-aerodinamica: si nota un’estensione verticale sopra all’inizio del diadema: all’esterno ci sono due deviatori di flusso orientati verso l’alto, mentre dietro al casco del pilota, fra il poggiatesta e l’headrest laterale si è creato un canale che spinge il flusso verso il posteriore, arrivando con un disegno leggermente inclinato in basso verso la beam wing.
L’airbox è uguale a quello dello scorso anno con un roll hoop a trapezio e con due orecchie esterne: il cofano è piuttosto pronunciato perché sul 6 cilindri turbo E-Tech è rimasto un radiatore che sfoga il calore nella parte posteriore dell’engine cover, privo di pinna stabilizzatrice.
La A523 ha estremizzato, invece, il concetto del “bazooka” decisamente più grande perché il suo corpo è tondeggiante e mostra solo un paio di branchie nell’area laterale che potrà essere più aperta sui tracciati più caldi, rendendo l’impianto di raffreddamento molto più modulabile.
Il marciapiede del fondo è stato sollevato di 15 mm per essere a regolamento: stupisce che davanti alla ruota posteriore ci sia un enorme tirante che dal cambio arriva fino al bordo esterno dell’ultimo tratto del fondo per irrigidire la struttura e evitare dei saltellamenti del marciapiede che possono generare improvvise perdite di carico e, quindi, delle instabilità nel comportamento.
Anche la sospensione è totalmente nuova: si è passati allo schema push rod, rovesciandolo dallo scorso anno che era pull: questa modifica ha richiesto anche la realizzazione di una scatola del cambio con i cinematismi in alto. Quello che si è perso al livello meccanico, lo si dovrebbe aver guadagnato con gli interessi a livello aerodinamico, visto che il tunnel Venturi che soffia verso il diffusore posteriore non ha l’interferenza del tirante del pull. E anche il triangolo inferiore è stato sollevato, trovando una pulizia che rende il retrotreno più efficiente.
L’ala posteriore è sorretta da un mono-pilone in linea con i dettami di Enstone. La A523 è tutt’altro che una monoposto armoniosa nelle linee: Harman e Fry non hanno guardato al bello, ma all’essenziale. L’Alpine non è certo un’opera d’arte, ma Gasly e Ocon avranno il compito di portarla più d’una volta sul podio. In quel caso diventerà bellissima…